A Wall street l’ottovolante non è finito
Ai prezzi e tassi attuali, il Mercato azionario Usa sembra scontare un aumento del premio per il rischio del 75/80% o una riduzione degli utili per azione intorno al 30/35% oppure un mix di entrambi. Ma a livelli dell’ S&P500 inferiori a 2500…
I tracolli fatti registrare dall’Indice S&P500 nelle ultime settimane inducono a qualche riflessione che un misto di analisi fondamentale e tecnica può aiutare a svolgere. Rispetto ai massimi di 3.400 punti raggiunti a metà febbraio, quando era ormai certa la diffusione del Covid 19 a tutto il pianeta, in un mese l’Indice ha raggiunto un minimo appena inferiore ai 2.200 punti (all’incirca sui massimi raggiunti a marzo 2000) con un calo, quindi, di oltre un terzo. Nei precedenti casi di inversione (2000 e 2007) è stato necessario attendere un anno per raggiungere un calo di pari entità rispetto ai massimi. Solo nel 1929 il Mercato registrò un calo di pari portata in un tempo così ristretto.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che i livelli raggiunti a metà marzo sono quelli sui quali l’Indice si trovava a fine 2018: quindi, una fase di correzione così intensa viene dopo un rialzo altrettanto intenso in quanto avvenuto in tempi brevi ed è correlata ad oggettive preoccupazioni circa il grado di funzionamento dell’economia, impattata da uno scenario di blocco equiparabile solo a quanto avvenuto durante le guerre. Anche il rimbalzo di circa il 20% è poi stato seguito da un terzo, pericoloso, gap down.
Queste circostanze inducono a ritenere difficile un recupero completo delle perdite in tempi brevi, così come il Mercato ci ha abituato negli ultimi 5-6 anni. Quota 2.800-3.000 rappresenta una forte resistenza e non si può escludere che, in caso di mancato consolidamento delle aspettative, si registri un’altra correzione fino a testare il recente minimo e comunque non oltre la fascia 2-150-1.800 punti, dove si registra una zona di forte supporto che si è formata nella fase di accumulazione 2014-2016 e che assorbe i massimi del 2000 e del 2007.
Quali sono invece le informazioni che è possibile desumere sotto il profilo dell’analisi fondamentale? Il Price Earning (prezzo/utile per azione) è passato da un valore di 23/24 di metà febbraio a circa 15/16 a metà marzo. In tutte le correzioni occorse a partire dal 1990, il minimo è stato intorno a 14/15 e solo durante la guerra e negli anni ’70 si sono osservati valori inferiori a 10.
Da una semplice rielaborazione del modello di valutazione DDM (Dividend discount model), è possibile evidenziare che il rialzo di circa il 36% tra dicembre 2018 e febbraio 2020 è stato dovuto per due terzi alla forte riduzione dei tassi a lunga e per un terzo alla crescita degli utili per azione (EPS) attesi. L’ulteriore calo che in una prima fase del crollo è stato registrato dai tassi a lunga, aiuta al momento a contenere la discesa dell’Indice. Ai prezzi e tassi attuali, il Mercato sembra scontare un aumento dell’Equity Risk Premium del 75/80% o una riduzione degli EPS intorno al 30/35% oppure un mix di entrambi.
In sostanza, è come se il Mercato si aspettasse con certezza una recessione a breve e non fosse ancora confidente sul fatto che l’Economia possa riprendersi con sufficiente rapidità e forza nei mesi successivi, incorporando nel maggiore Risk Premium le varie incertezze prospettiche (grado di efficacia degli interventi, rischi geopolitici, psicologia di massa).
Che cosa possiamo aspettarci per i prossimi mesi? La performance del mercato azionario a un anno è un indice molto affidabile delle aspettative di crescita dell’economia per i 12 mesi successivi; quando si avvicina o supera il -10% è praticamente certa una recessione. A metà marzo la performance ad un anno dello SP500 era pari al -14% (in tal senso l’Eurostoxx registrava un -25% e quindi aspettative di forte recessione, il CSI 300 cinese un -5%). Nei prossimi mesi il Mercato cercherà di capire gli effetti sull’Economia reale derivanti dagli interventi posti in essere e potrebbe quindi oscillare a lungo in un range ampio, con forte volatilità; con il progressivo rientro del Risk Premium sulle medie storiche e tassi a lunga ancora bassi è tuttavia ragionevole pensare che da quota 2.500 in giù l’Indice rappresenti, nel medio periodo, una opportunità di acquisto.